Il termine Resilienza è tanto diffuso quanto sconosciuto nel suo più profondo significato.
Dieci anni fa, sulla biografia del mio blog scrivevo:
“Mi chiamo Barbara e sono la mamma entusiasta di sei figli. Insieme ai figli mi appassionano la medicina, i video e la scrittura. L’interesse per la medicina mi permette di vivere serenamente le loro malattie. I video e la scrittura danno corpo ai miei ricordi e ordine ai miei pensieri; mi aiutano a riflettere e ad elaborare le esperienze. Considero la vita un’ avventura, i figli e la salute una festa e le scelte delle opportunità, non delle rinunce.”
La mia biografia terminava con una frase, che all’epoca non sapevo che sarebbe stata tanto importante nella mia vita.
“Credo che da ogni esperienza possa trarsi una nuova forza.”
Solo anni dopo, ho saputo che il nome per la capacità di trarre una forza positiva da ogni esperienza difficile è: RESILIENZA.
In metallurgica la resilienza indica la capacità di un materiale di resistere a un urto, assorbendo l’energia rilasciata dopo la deformazione.
In psicologia la resilienza indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi in base alle possibilità che la vita offre.
Non sapevo di essere nata con questa capacità, credevo di averla acquisita, ma basta osservare i bambini per capire che tutti i bambini sono resilienti.
Non è necessario conoscere bambini particolarmente sfortunati o gravemente malati per accorgersene. Avete mai visto un bambino con la febbre alta o qualunque altro malessere?
Il loro momento di sconforto dura poco, dopodiché si adatta e si adopera per inventarsi nuove soluzioni e nuovi giochi che meglio si adattino al suo nuovo stato.
Più il bambino è piccolo, più la resilienza è un fatto istintivo, che probabilmente nasce dai processi mentali ancora dominati dall’istinto di sopravvivenza individuale.
Crescendo la resilienza si modifica in relazione all’esperienza, alla propria maturazione affettiva e cognitiva, alle proprie capacità mentali e a quelle di giudizio, sia delle cose positive che quelle negative.
Perciò la resilienza di un individuo non riguarda solo la capacità di adattamento, ma anche quella di generare un risultato individuale, che permetta di scoprire uno spazio nuovo.
La resilienza si può sia apprendere che allenare, con più o meno facilità a seconda della propria indole e del vissuto psicologico, fisico e sociale.
Credo di essere abbastanza fortunata per la mia indole di base, fortificata ed estesa dalla necessità di far fronte a piccole o grandi avversità.
Sono convinta che ci sia sempre uno spiraglio costruttivo e positivo, anche quando l’evento è puramente traumatico e negativo. Che sia una riflessione, un’azione o un atteggiamento.
Ciò non toglie nulla alla difficoltà e al dolore che si vive, ma se ne può trarre qualcosa, che sarà utile a se stessi e agli altri, perché nella resilienza è importante non perdere di umanità.
Prima o poi accade sempre qualcosa nel mondo che non riguarda solo il singolo, ma l’intera comunità o umanità ed è in questi momenti che essere resilienti diventa fondamentale. Per aprire nuovi orizzonti che permetteranno al genere umano di progredire.
In questo senso la pandemia da Covid-19 ci ha insegnato moltissimo!